Su Attribuzioni di Antonio Vangone
Con Attribuzioni (pièdimosca, 2023), Antonio Vangone ci invita a collaborare alla realizzazione della sua opera prima, esplicitando e incoraggiando quella cooperazione interpretativa sempre indispensabile per far funzionare un testo. Io ho accettato l'invito, e le righe che seguono sono un breve resoconto del mio lavoro di attribuzione: di ordine, di senso e di valore.
Parto dall'ultimo punto e dico subito che Attribuzioni è un libro notevole. E lo è, per me, perché trovo che sia un raffinato repertorio di forme brevissime. Un inventario ampio e vario del come poter raccontare con incisività e originalità qualsiasi cosa in poche righe. C'è l'elenco, l'aneddoto, l'appunto, il rapporto, il frammento, la giustapposizione, la contrapposizione, ecc. Il mutare della struttura, poi, fa da contraltare alla costanza della lingua utilizzata: asciutta ma mai piatta, con soluzioni lessicali e sintattiche spesso ricercate e non di rado brillanti.
Tuttavia, la mia predilezione per gli aspetti formali non deve portare a pensare che si tratti di una raccolta di esercizi di stile alla Queneau, che pure apprezzo moltissimo, naturalmente. Nelle cinquantuno prose, infatti, c'è tanto il quotidiano quanto il fantastico, c'è il verosimile e l'assurdo, ci sono ricordi, amicizie, lutti, amori, c'è ironia e malinconia. Insomma, c'è la vita, che lungi dall'essere un grande romanzo è sempre stata – ancora una volta, per me – un susseguirsi di episodi minimi, reali e immaginari, tra i quali provare a mettere ordine.